22 giu 2013

Jiddu Krishnamurti - Sulla paura - ( I parte)

Esiste la paura. La paura non è mai una realtà concreta, esiste prima o dopo il presente in atto. Quando c’è la paura nel presente in atto, si tratta davvero di paura? È lì e non c’è possibilità di fuga, di evasione. Lì, nel momento presente, nel momento del pericolo, fisico o psicologico, c’è un’attenzione totale. Quando c’è attenzione totale, non c’è paura. Al contrario, il fatto reale che manchi l’attenzione genera paura. La paura nasce quando si evita la realtà, quando si fugge. Allora, la fuga in sé è paura.         ( Dal Taccuino di Krishnamurti )
                                                                                                                                                                             
Ma che cos’è la paura? Quali sono i fattori che contribuiscono a costituire la paura? Come tante piccole correnti e tanti piccoli rivoli formano la massa imponente di un fiume, quali sono le piccole correnti che
confluiscono nella paura, che ne hanno la stessa terribile vitalità.? Il confronto, confrontarsi con qualcun altro, è una delle cause della paura? Ovviamente sì. Infatti, potete vivere tutta la vita senza confrontarvi con nessuno? Capite cosa dico? Quando paragonate voi stessi con qualcun altro, ideologicamente, psicologicamente o persino fisicamente, vi sforzate di diventare qualcosa e temete di non poterlo fare. Questo è il desiderio che vorreste soddisfare e potreste non essere in grado di farlo. Dove c’è confronto, là deve esserci paura.

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E così ci si domanda se è possibile vivere senza paragonarsi mai con nessuno, senza fare mai confronti, se siete belli o brutti, se piacete o no, se vi avvicinate a un certo ideale, a qualche modello di valori. C’è questo costante confronto in atto. Noi ci domandiamo se non sia questa una delle cause della paura? Certamente. E dove c’è confronto, deve esserci conformismo, deve esserci imitazione. Quindi stiamo dicendo che il confronto, il conformismo e l’imita­zione sono le cause che contribuiscono all’insorgere della paura. Si può vivere senza confrontarsi, imitare o conformarsi psicologicamente? Certamente. Se questi sono i fattori che contribuiscono all’insorgere della paura e voi siete impegnati a porre termine alla paura, allora dentro di voi non c’è alcun confronto in atto, il che significa che non vi è divenire. Il significato stesso del confronto è diventare ciò che si pensa sia migliore, più elevato, più nobile. Quindi, confrontarsi è divenire. E questo uno dei fattori della paura? Lo dovete scoprire da soli. Allora, se sono quelli i fattori, se la mente riconosce quei fattori come forieri di paura, il solo fatto di percepirli pone fine alle cause che contribuiscono all’insorgere della paura. Se c’è una causa fisica che provoca in voi il mal di stomaco, il dolore cesserà quando scoprirete la causa. Allo stesso modo, dove c’è una qualunque causa, vi è una fine.
[.....]Abbiamo tutti paura di qualcosa; non esiste la paura in astratto, la paura è sempre in relazione con qualcosa. Conoscete le vostre personali paure? La paura di perdere il lavoro, di non avere abba­stanza cibo o soldi o di cosa pensa di voi il vicino o il pubblico, o di non essere di successo, o di perdere la vostra posizione nella so­cietà, o di essere disprezzati o ridicoli – la paura del dolore e della malattia, di essere dominati, di non arrivare a sapere mai cos’è l’amore o di non essere amati, di perdere vostra moglie o i vostri figli, della morte, o di vivere in un mondo che è come la morte, della notte assoluta, di venire meno all’immagine che gli altri si sono creata di voi, di perdere la fede – tutte queste e innumerevoli altre paure – conoscete le vostre personali, particolari paure? E cosa fate di solito? Fuggite e vi create idee o immagini che le na­scondano? Ma fuggire di fronte alla paura la aumenta soltanto.

--> Uno dei maggiori motivi di paura è che non vogliamo trovarci a faccia a faccia con noi stessi così come siamo. Dunque, tanto quan­to le paure stesse, dobbiamo esaminare la rete di fughe che abbia­mo sviluppato per liberarcene. Se la mente, in cui è incluso il cer­vello, cerca di superare la paura, di reprimerla, di disciplinarla, di controllarla, di tradurla nei termini di qualcos’altro, c’è un attrito, un conflitto e il conflitto è uno spreco di energia.
La prima cosa che ci dobbiamo domandare allora è cos’è la paura e come sorge. Cosa intendiamo con la parola stessa “paura”. Mi sto domandando che cos’è la paura, non di cosa ho paura.
Conduco un certo tipo di vita; penso secondo certi schemi; ho certe credenze e certi dogmi e non voglio che questi schemi vengano turbati, perché in essi ho le mie radici. Non voglio che vengano turbati perché i turbamenti producono uno stato di ignoranza che io non gradisco. Se vengo strappato a tutto ciò che conosco e in cui credo, voglio essere ragionevolmente sicuro dello stato di cose a cui vado incontro. Così, le cellule cerebrali hanno creato uno schema e quelle cellule cerebrali si rifiutano di creare un altro schema, che potrebbe essere incerto. Il movimento dalla certezza all’incertezza è ciò che chiamo paura.

Ora che siedo qui, non ho paura; non ho paura nel momento presente, niente mi sta accadendo, nessuno mi sta minacciando o mi sta portando via qualcosa. Ma al di là del momento presente c’è uno strato più profondo della mente che inconsciamente o con­sciamente sta pensando a cosa potrebbe accadere nel futuro o si sta preoccupando che qualcosa del passato possa raggiungermi. Dunque, ho paura del passato e del futuro. Ho diviso il tempo in passato e futuro. Il pensiero interviene, dice: “Attenzione che non capiti di nuovo”, oppure: “Preparati al futuro. Il futuro può essere pericoloso. Adesso hai qualcosa, ma potresti perderlo. Domani po­tresti morire, tua moglie potrebbe lasciarti, potresti perdere il lavo­ro. Potresti non diventare mai famoso. Potresti rimanere solo. Tu vuoi essere assolutamente sicuro del tuo domani”.
Ora, considerate la vostra particolare forma di paura. Guardatela. Osservate le vostre reazioni. Potete guardarla senza ricorrere alla fuga, senza tentare di giustificarla, condannarla o reprimerla? Potete guardare quella paura senza la parola che ne è la causa? Po­tete guardare la morte, per esempio, senza la parola che ne fa sor­gere la paura? La parola stessa provoca un brivido, non è vero? Allo stesso modo la parola amore ha il suo proprio brivido, la sua propria immagine. E l’immagine della morte che avete in mente, la memoria di così tante morti che avete visto e con cui vi identificate, è quell’immagine che genera paura? Oppure avete effettivamen­te paura della fine e non della sua immagine? È la parola morte che vi spaventa o la fine vera e propria? Se è la parola o il ricordo che provoca in voi la paura, allora non si tratta affatto di paura.
Diciamo che due anni fa siete stati malati, e il ricordo di quel dolore, di quella malattia rimane e la memoria in funzione dice: “Stai attento a non ammalarti di nuovo”. Così la memoria con le sue associazioni crea la paura, ma quella non è affatto paura, perché al momento voi godete di ottima salute. Il pensiero, che è sempre vec­chio – perché il pensiero è la reazione della memoria e i ricordi sono sempre vecchi – il pensiero crea nel tempo il sentimento che siete spaventati, che non è un fatto reale. Il fatto reale è che state bene. Ma l’esperienza, che è rimasta nella mente come ricordo, fa sorgere il pensiero: “Stai attento a non ammalarti di nuovo”.

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Vediamo così che il pensiero genera una forma di paura. Ma se non c’è quella paura, non c’è affatto paura? La paura è sempre il risultato del pensiero e, se è così, c’è qualche altra forma di pau­ra? Noi abbiamo paura della morte – cioè di qualcosa che acca­drà domani o dopodomani, nel tempo. C’è una differenza tra le condizioni reali e quello che sarà. Il pensiero ha esperienza di questo stato; quando osserva la morte dice: “Morirò”. Il pensiero crea la paura della morte, ma, se non lo facesse, non ci sarebbe nessuna paura?
La paura è il risultato del pensiero? Se lo è, poiché il pensiero è sempre vecchio, la paura è sempre vecchia. Come abbiamo det­to, non c’è nessun pensiero nuovo. Se noi lo riconosciamo, è già vecchio. Quindi, ciò di cui abbiamo paura è la ripetizione del vec­chio – il pensiero di ciò che è stato nel passato che viene proiet­tato nel futuro. Perciò, il pensiero è responsabile della paura. È così, lo potete vedere da voi. Quando affrontate qualcosa nell’im­mediato non avete paura. È soltanto quando interviene il pensiero che nasce la paura.
Perciò, la nostra domanda ora è: è possibile alla mente vivere per intero, del tutto, nel presente? Soltanto una mente simile non ha paura. Ma per capirlo dovete comprendere la struttura del pensiero, della memoria e del tempo. Una volta che l’avrete com­presa, non intellettualmente, non a parole, ma concretamente, con il vostro cuore, la vostra mente, con tutti voi stessi, sarete liberi dalla paura; allora la mente potrà servirsi del pensiero senza creare paura.

© 1995, Krishnamurti Foundation Trust Limited
and Krishnamurti Foundation of America

© 1998, Casa Editrice Astrolabio Ubaldini Editore, Roma

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