Tuttavia, dal punto di vista psicologico-contemplativo sia i pensieri tristi che quelli felici sono parte della realtà solipsistica creata dalla nostra mente. Possono portare alla salute relativa ma non alla salute assoluta. Infatti, se non distruggiamo questa realtà creata da noi stessi - cioè se confondiamo i nostri pensieri
riguardanti la realtà con la realtà vera e propria - continuiamo ad ingannare noi stessi e non avremo estirpato le radici delle neurosi. Anche se veniamo curati, potremmo avere una ricaduta quando il nostro "mondo" cambia nuovamente. Non si sarà ottenuto alcun risultato reale o duraturo. Vedremo che la pratica Buddista della meditazione mira precisamente a estirpare le radici delle neurosi.
La pratica della meditazione è intesa a liberarci dalla fissazione e identificazione con il nostro flusso di pensieri. Questa libertà ci porta ad un modo di essere sano, non in senso relativo, ma in senso assoluto; essa non implica l'assenza di pensieri, ma l'assenza di fissazione e confusione, una completa chiarezza mentale che non è influenzata dall'alternarsi di salute relativa e malattia, ma che si pone di fronte al dolore della vita umana con compassione assoluta. Questa apertura mentale è un modo di essere basato sull'esperienza, che ho definito "salute assoluta".
Per quanto riguarda la sanità mentale, il maestro buddista di meditazione Chögyam Trunga ha introdotto il termine "sanità di mente di base". Vorrei ora porre questa nozione di sanità di mente di base nel contesto appropriato descrivendo a grandi linee ciò che la psicologia contemplativa del Buddismo ha da dire circa la salute e la meditazione. Dopodiché esamineremo come tale psicologia è in relazione con la psicoterapia.
L'approccio Buddista
La visione centrale buddista della vita umana -espressa sia nei sutra (testi attribuiti al Budda) che nei shastra (commenti successivi) e in modo più esplicito nelle scuole filosofiche come Yogachara - si trova in diverse tradizioni contemplative.
E' la visione che abbiamo in qualche modo già descritto sopra; sebbene ci sia una realtà, il modo in cui noi percepiamo ogni aspetto di essa è una creazione della mente. L'esperienza è la nostra esperienza e in questo senso gli esseri umani vivono in un mondo solipsistico. Questo modo di vivere caratterizza l'esperienza degli esseri non illuminati. Il mondo creato dalla mente che quindi ci appare è chiamato, nel Buddismo, samsara. L'esperienza del mondo samsarico ha tante ombre e modi quanti la nostra mente sia in grado di immaginare o percepire. Di conseguenza, si dice che il samsara è infinito, poiché la nostra immaginazione è infinita.
Nessun commento:
Posta un commento